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La tavola, che si trovava anticamente nella sala dell’Anticollegio di Palazzo Ducale, faceva probabilmente parte della serie di opere donate alla Serenissima da Bertuccio Contarini, nella cui collezione è attestata da Ridolfi, attorno alla metà del Seicento, come una “effige di nostra Donna”. Si tratta di una copia della famosa Annunciata dipinta da Antonello da Messina attorno al 1476-1477 e attualmente custodita nella Galleria Nazionale di Palermo. Sino a fine Ottocento si pensava che l’opera delle Gallerie dell’Accademia fosse il modello da cui il famoso artista siciliano aveva tratto ispirazione o una seconda versione di mano dello stesso. La firma, che corre lungo lo spigolo dell’inginocchiatoio, recita infatti “ANTONELLUS MESANIUS PINSIT”, dato che supportava quest’ultima ipotesi. Parte della critica attribuisce questa copia ad Antonello de Saliba, nipote del più grande maestro messinese, formatosi in Sicilia presso la bottega di Jacobello d’Antonio e attivo a Venezia tra il 1480 e il 1497 assieme al fratello Pietro. Questa derivazione, pressoché contemporanea alla realizzazione dell’originale, tradisce, però, l’influenza di artisti presenti in laguna a fine Quattrocento quali Giovanni Bellini, Bartolomeo Montagna, Alvise Vivarini e Marco Basaiti, con i quali condivide la costruzione allungata e simmetrica del viso, quasi perfettamente inscrivibile in un ovale, e i toni più rosati dell’incarnato, soprattutto in corrispondenza delle gote e delle labbra. Dopo la partenza di Antonello, infatti, opere come queste erano richiestissime a Venezia e, pur avvicinandosi sensibilmente ai modi e ai soggetti del messinese, mantenevano un contatto con l’ambiente artistico locale.