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La tavola, proveniente dal convento di Santa Maria dei Miracoli, è stata attribuita a Marco Basaiti su base stilistica. Il formato oblungo suggerisce la funzione di predella ed è probabile che facesse parte di un’opera composta da più pannelli, in cui forse comparivano anche il San Giacomo Apostolo e il Sant’Antonio Abate, anch’essi giunti alle Gallerie dell’Accademia dalla stessa collocazione originaria. Potrebbe appartenere al primo periodo di attività dell’artista, attorno agli anni Novanta del Quattrocento, dal momento che si può riscontrare una certa affinità con la modellazione dei corpi tipica di Alvise Vivarini, principale riferimento stilistico per gli esordi di Basaiti. La scelta del soggetto richiama esempi nordici come quello di Holbein il Giovane ma anche con un tipo di devozione vicino alla Pietà belliniana di Brera, per l’invito al ravvicinato confronto con il corpo senza vita del Cristo. Parte della critica ha individuato in un disegno conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 156 F) un possibile studio preparatorio dell’opera, che potrebbe riferirsi, in alternativa, al Compianto sul Cristo morto di Carpaccio (Berlino, Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin).