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Provenienti dalla collezione veneziana del cardinal Domenico Grimani (1461-1523) le Visioni dell’Aldilà non furono trasferite a Vienna durante la dominazione austriaca, rimanendo quindi in città, spostandosi tra Palazzo Ducale e le Gallerie dell’Accademia, da dove sono stabilmente conservate a partire dal 2010. È opinione condivisa da buona parte della critica che le “visioni” facessero parte in origine di una composizione più complessa – forse incentrata sulla tematica del Giudizio universale – di cui potevano funzionare da scomparti laterali. Sul retro dei pannelli si nota una decorazione a finto marmo, piuttosto sommaria e verosimilmente aggiunta dallo studio del pittore in un secondo momento, forse per adattarle ad una nuova funzione decorativa. È possibile differenziare quattro diverse “gradazioni” all’interno delle diverse scene: dal Paradiso, immaginato come un giardino lussureggiante popolato da un’umanità eletta e senza peccato (raffigurata quindi nuda) all’Inferno, descritto come un acquitrino sulfureo popolato da mostri che torturano i peccatori che disperatamente provano a restare a galla o che si rifiutano di osservare lo spaventoso scenario che li circonda. In mezzo le restanti due tavole si configurano come possibili momenti di passaggio (ascensionale/discensionale, e quindi ad un Purgatorio, da una parte descritto come un tunnel di luce entro il quale le anime beate sono guidate dagli angeli, o come una specie di rupe dal quale vengono precipitate le anime in discesa libera verso l’inferno. Tali visioni sembrano collegabili a testi ampiamente diffusi nelle Fiandre e quindi possibilmente noti a Bosch come le Visioni di Tundalo del XII secolo che raccontano le peripezie affrontate dall’anima di un cavaliere mandata in viaggio da Dio tra inferno, purgatorio e paradiso o la stessa Commedia di Dante, tradotta in lingua olandese nel 1484 proprio a ‘s-Hertogenbosch, città del pittore.