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Acquistato dalle Gallerie nel 1856 insieme ad un nucleo di opere della collezione Manfrin, questo Ritratto di gentiluomo dialoga da vicino con i prototipi di ritrattistica “alla fiamminga” messi a punti da Antonello da Messina, a cui il dipinto è stato lungamente attribuito. Protagonista della pittura fiamminga del secondo Quattrocento, Memling fu pittore molto apprezzato anche in Italia, grazie all’interesse di personaggi come i Medici e, a Venezia, dei cardinali Bembo e Grimani. È possibile che anche il personaggio qui ritratto, in base all’abito e al copricapo ma anche al peculiare taglio di capelli, fosse un mercante italiano attivo a Bruges dove poté commissionare la propria effige al celebre pittore. Il contrasto tra l’immagine ravvicinata e dettagliatissima, come incombente oltre un’invisibile balaustra su cui l’uomo appoggia la mano, e il fondo paesaggistico, più generico e miniaturistico, che evoca la profonda distanza, forniscono un modello che avrà ampia diffusione nella pittura italiana del secondo Quattrocento e in particolare a Venezia.