Il dipinto, tradizionalmente considerato una versione autografa del prototipo di Johann Liss conservato a Mosca (Pushkin), è stato recentemente espunto dal catalogo del pittore.
Il soggetto narra l’episodio ovidiano in cui il satiro Marsia, abile flautista, viene castigato da Apollo per aver osato sfidarlo in una competizione musicale; il dio della musica infligge una terribile punizione al suo contendente, scorticandolo vivo. È stato ipotizzato che l’artista, per questa composizione, guardi l’incisione tratta dal dipinto di Jusepe de Ribera raffigurante il Martirio di San Bartolomeo del 1624; il prototipo russo va dunque riferito ad una datazione successiva, collocabile tra il 1624 e il 1625, ossia in un momento in cui la produzione di Liss trova nuovo stimolo nella pittura veneziana del Cinquecento, in particolare in quella di Paolo Veronese.
Rispetto a quella moscovita, l’opera veneziana si caratterizza per una tonalità più bruna, una pennellata meno definita e l’omissione di alcuni dettagli utili alla narrazione. Si ritiene che la tela sia stata eseguita alla fine del periodo veneziano del pittore, avvicinandola stilisticamente all’Abele pianto dai genitori e al Sacrificio di Isacco, conservati entrambi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia.