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La storia raffigurata è quella di Caino e Abele, la coppia dei figli dei progenitori, Adamo ed Eva, nel momento in cui Caino, invidioso del favore che Dio concede ad Abele, lo uccide, rovesciato sull'altare di pietra dei sacrifici. Una stampa settecentesca di Antonio Zucchi mostra che la tela fu leggermente rifilata sul margine destro, tagliando la figura del Padre Eterno in volo che scaccia Caino, il quale oggi sembra vagare da solo nel paesaggio, in un secondo tempo della storia. La tela entrò alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, dalla Scuola della santissima Trinità, già nel 1812 e fu tra le poche di Tintoretto sempre permanentemente esposte in quanto doveva rappresentare un modello di studio del nudo per gli allievi della nuova istituzione.  La composizione si ispira al soffitto di Tiziano, dello stesso soggetto, per la chiesa veneziana di Santo Spirito in Isola, dipinto nel 1542 circa, trasferito poi nel Seicento a Santa Maria della Salute. Tintoretto riporta la dinamica del soffitto su una tela in parete, togliendola dallo sfondo trasfigurante del cielo e calandola in un paesaggio edenico, della creazione del mondo. Le due figure costituiscono una girandola di chiaroscuro e di luce, travolte dal loro stesso dinamismo, che lascia percepire poco o nulla dei volti. Un altro confronto pittorico è dato dal dipinto di Andrea Schiavone, amico di Tintoretto, sullo stesso tema, oggi nella Galleria Palatina a Firenze. Il paesaggio è monocromo, cupo e immerso al tempo stesso, con stacchi di piani, in una luce dorata, che ricorda singolarmente il giovane Rembrandt. Il tronco d'albero separa la scena di lotta da quella in cui sta in basso la testa mozzata di un vitello, con occhi ancora languidi da vittima, che rappresenta il sacrificio di Caino, e più in alto lo stesso Caino in fuga, col bastone da viandante in spalla, figura allusiva all'inizio del cammino dell'umanità, che si perde sempre più lontano dal paradiso terrestre.