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Il dipinto, firmato “Ticianus” sulla pietra in basso, dove il santo poggia il piede sinistro, si trovava nella chiesa veneziana di Santa Maria Maggiore, nella cappella a destra del presbiterio dedicata a san Giovanni Battista, su cui la famiglia Polani mantenne il patronato fino alla fine del Cinquecento. Opera molto apprezzata dalla lettura artistica – già a partire da Ludovico Dolce (1557) che affermava “non fu mai veduta cosa più bella né migliore, né di disegno né di colorito” - fino all’inizio dell’Ottocento quando, in epoca napoleonica, le accorate proteste dei membri dell’Accademia veneziana riuscirono a scongiurare il pericolo di un trasferimento del dipinto a Brera.  

Diversamente dalla iconografia tradizionale del Battista quale asceta smunto dai digiuni, Tiziano ritrae il Battista come un predicatore nel pieno vigore fisico, dalla salda struttura anatomica, colto in atteggiamento oratorio nella tipica posa delle antiche statue imperiali (Lucio Vero e Augusto dei Musei vaticani). L’opera si caratterizza per una spazialità compressa che esalta la presenza plastica della figura in primo piano, atteggiata in “sigle” tipiche del repertorio manieristico, conosciuto grazie alla mediazione di Francesco Salviati, giunto a Venezia nel 1539 in compagnia dell’allievo Giuseppe Porta. La datazione tradizione accolta ai primi anni quaranta, che darebbe anche ragione della connotazione salviatesca, è stata anticipata in alcuni recenti contributi al 1530-32, prima della latinizzazione della firma (Titianus) solitamente adottata dopo la nomina del pittore a conte palatino nel 1533.