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Ritenuta in passato opera di collaborazione tra Jacopo Tintoretto e il figlio Domenico, la tela è oggi attribuita al solo Domenico, anche sulla scorta delle fonti antiche. A quest'ultimo è riconducibile la condotta pittorica e disegnativa delle figure e il modo analitico di indagare lo sfondo paesaggistico. L'episodio raffigurato nel dipinto, non menzionato nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine ma rappresentato tra i mosaici della Basilica di San Marco, traduce in immagini una leggenda diventata particolarmente famosa a partire dal XIII secolo e che servì a consolidare il culto del santo a Venezia. Marco, partito per mare da Aquileia alla volta di Roma, a causa di una forte tempesta venne condotto verso le isole della laguna veneziana. Durante la notte un angelo gli apparve in sogno annunciando: “Pax tibi, Marce, Evangelista meus, hic requiescat corpus tuum”, ovvero il futuro ritorno delle sue spoglie mortali nel luogo della visione, dove sarebbe sorta la città di Venezia, di cui il santo sarebbe diventato protettore e simbolo. L'oscurità della notte è rischiarata dall'apparizione dell'angelo, del quale sembra accorgersi solo il leone, simbolo dell'evangelista. Sullo sfondo, tra terra e acqua, si distinguono alcuni pescatori indaffarati intorno ad un piccolo gruppo di case di legno e paglia.