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Alessandro Longhi - pittore, incisore e biografo veneziano - nelle sue Vite dei Pittori (1762) presenta Giuseppe Angeli come il miglior continuatore della maniera del suo maestro Giambattista Piazzetta. Del momento «solivo» di quest’ultimo – vale a dire quello connotato da un’illuminazione chiara e diffusa –  Angeli sarebbe stato il più felice interprete, proprio come si vede in questo dipinto realizzato attorno alla metà dell'ottavo decennio del XVIII secolo. Colpisce al centro del trono marmoreo della Vergine la presenza della croce clipeata, simbolo della Scuola Grande della Carità anche se il dipinto è detto provenire dalla vecchia sede dell'Accademia di di Belle Arti al Fonteghetto della Farina e non dai locali successivamente occupato dall'istituto, appunto corrispondenti a quelli della Scuola. E' possibile che il pittore donasse all'Accademia un dipinto già eseguito per la Scuola; d'altra parte sono noti i rapporti di Angeli con l’istituzione accademica, all’interno della quale egli assunse importanti ruoli, da maestro di nudo a presidente della stessa, nel 1778. La tela è contrassegnata da una certa severità d’impianto, nonché da una chiarezza didascalica tipica degli ambienti accademici. In posizione centrale, la Vergine assume una posizione gerarchica di gusto anticheggiante; è affiancata da un torreggiante Giovanni evangelista e da san Rocco, in devota orazione; a conferire un certo dinamismo all’episodio intervengono alcuni putti acrobati in atteggiamento scherzoso. Le tre figure protagoniste della scena sono i titolari delle scuole Grandi di Venezia: Santa Maria della Carità, San Giovanni Evangelista e San Rocco.