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La tela, registrata dai primi cataloghi del museo come opera autografa di Jacopo Bassano, è stata riferita alla bottega del maestro a partire dagli anni trenta del Novecento (Arslan).

Si tratta di una delle numerose versioni del soggetto (Firenze, Gallerie degli Uffizi; Firenze, Palazzo Pitti) derivate da esemplare autografo di Jacopo conservato a Springfield (Museum of Fine Arts) e datato verso il 1566-1567 (Rearick, 1993; Ballarin, 1995). Di questo soggetto esiste anche un disegno di “ricordo”, attribuito dubitativamente a Giambattista Bassano (Brunswick Maine, collezione privata) terzo figlio di Jacopo (Rearick, 1993) che si è supposto sia stato utilizzato dalla bottega per realizzare diverse copie e varianti.

Il dipinto rappresenta la parabola evangelica del seminatore (Luca 8, 4-8), colto in atto di spargere i semi (la parola di Dio): solo quelli caduti sul terreno fertile (chi sa cogliere la parola divina) potranno germogliare e dare buoni frutti. Il gruppo della donna china sul bambino inserito a sinistra non trova riscontro nel racconto evangelico; si tratta probabilmente di una notazione di vita domestica, inserita per dare maggiore vivacità all’osservazione del mondo contadino.

Il taglio compositivo in diagonale con l’ingresso del seminatore da destra, ritratto di spalle mentre si addentra nel paesaggio seguito dal cane, è studiato per guidare l’occhio dello spettatore nella profondità dell’ambiente naturale colto con straordinaria finezza nei suoi valori atmosferici.