La tela con il Ritrovamento di Gesù al tempio di Giovanni Antonio Fumiani apparteneva al ciclo decorativo che ornava le pareti della sala capitolare della Scuola Grande di Santa Maria della Carità, la grande sala al primo piano che attualmente apre il percorso museale delle Gallerie dell’Accademia (sala I). All’impresa l’artista aveva partecipato anche con un’altra opera, ad oggi non conservata, raffigurante Cristo condotto al Calvario. Per lo stesso ciclo erano state commissionati tre dipinti a Gregorio Lazzarini, uno dei quali, la Presentazione di Gesù al Tempio, è attualmente esposto nella medesima Sala 5 del museo.
Qualche anno dopo l’apertura del museo delle Gallerie (1807) le due tele vennero trasferite prima nella chiesa di San Cassiano, adibita a deposito, e dopo, a seguito di successivi spostamenti, giunsero nella chiesa di Sant’Aponal dove vennero collocate uno di fronte all’altra sulle pareti laterali del presbiterio. Dopo il restauro della fine degli anni Ottanta è stato deciso di restituirle alla loro sede originaria quali esempi rappresentativi della pittura del tardo Seicento veneziano ma solo in tempi recenti hanno trovato spazio nel definitivo riallestimento delle collezioni permanenti al piano terra del museo.
La tela di Fumiani reca la firma dell’autore in basso in posizione centrale ed è stata datata intorno al 1700 sulla base di un confronto stilistico con la vasta decorazione per il soffitto della chiesa di San Pantalon, la più significativa impresa decorativa dell’artista veneziano in laguna. Tale data è coerente con l’inizio dei lavori di rinnovamento della sala, documentati dal 1695.
L’episodio del Ritrovamento di Gesù al tempio viene narrato solo nel vangelo di Luca (Lc 2, 41-51) e costituisce l’ultima vicenda dell’infanzia di Gesù prima dell’inizio della sua vita “pubblica”. All’età di dodici anni Gesù insieme ai genitori si reca a Gerusalemme per celebrare la Pasqua ebraica e decide di fermarsi nel Tempio della città a discutere con i dottori della legge, dando prova della propria precoce sapienza. Dopo tre giorni di ricerche viene ritrovato da Giuseppe e da Maria, la quale, preoccupata, si precipita verso il figlio. La complessa composizione dimostra la capacità del pittore di orchestrare una tela narrativa dalle notevoli dimensioni e con vari nuclei figurativi tanto da essere definito nel Settecento «uno de’ quadri più belli che il Fumiani facesse mai» (Zanetti, 1771). L’artista appartiene al movimento di rinnovamento neoveronesiano della pittura veneziana degli ultimi decenni del Seicento, già innescato da Francesco Ruschi più di un secolo prima. Sono molti infatti gli elementi che rimandano alla lezione di Caliari, come l’impianto architettonico che incornicia la scena con punto di vista ribassato, l’utilizzo di una gamma cromatica chiara e la vasta campionatura di abiti, stoffe e atteggiamenti qui rappresentati.
Il cardine figurativo dell’episodio, il giovane Gesù, è introdotto dalla quinta di variopinti personaggi sulla destra, colti di spalle, ed è inquadrato dall’impaginazione architettonica pensata come fuga prospettiva, per accompagnare lo sguardo verso sinistra. A mediare fra lo spazio della rappresentazione e lo spazio reale dell’osservatore sono posti in primo piano il gruppo delle tre figure di poveri cenciosi e il bel cane illusionisticamente proiettato verso chi guarda.