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Il dipinto arriva alle Gallerie dell’Accademia insieme ad un cospicuo gruppo di opere donate da Girolamo Molin nel 1816 per il costituendo museo. L'effigiato è un antenato del donatore, Alvise, ritratto in un’altra occasione da Tinelli (collezione privata). Tra i massimi ritrattisti della sua generazione Tinelli accompagnò Molin nel suo viaggio a Mantova nel 1637, quando gli fu richiesto di ritrarre alcuni membri della corte di Carlo II Gonzaga Nevers. Fu quindi durante il viaggio mantovano, probabilmente, che l’artista eseguì anche questo ritratto a tre quarti di figura, come sembra confermare il libro sul tavolo con sigillo ducale, che allude alla “Commissione Ducale” ovvero all’attività diplomatica di Molin per conto della Serenissima. Il gentiluomo è qui attorniato da alcuni pezzi di antiquaria – probabile richiamo alla sua passione collezionistica – mentre l’ampio tendaggio rosso evoca l’influenza della ritrattistica di Rubens, a lungo residente a Mantova alla corte di Vincenzo II Gonzaga, ma anche l’aggiornamento di Tinelli ai vertici più aggiornati della ritrattistica di Van Dyck che ben si adattano ad una datazione all’ultimissimo periodo di attività dell’artista veneziano.