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La tela, già ritenuta opera di Giuseppe Bonito, è stata restituita a Gaspare Traversi da Roberto Longhi e riferita alla sua attività matura, intorno alla metà degli anni Cinquanta del Settecento. L’opera è il probabile pendant della Visita chirurgica conservata alla Staatsgalerie di Stoccarda; la tela veneziana illustrerebbe il “prima” ovvero la diagnosi attraverso accurato esame e quella tedesca il “poi” ovvero l’operazione vera e propria. La scena è concepita quale fedele rappresentazione pittorica della realtà quotidiana, attraverso la corale presenza di figure che si stagliano contro uno sfondo scuro omogeneo. Stilisticamente l’opera mostra la profonda riflessione di Traversi sui brani pittorici del primo naturalismo napoletano, a partire dalle opere di Caravaggio. Secondo una precisa gerarchia data dalla luce, l’artista, che sembra qui riproporre alcune soluzioni sceniche desunte dal teatro contemporaneo, riserva ai tre protagonisti in primo piano il massimo grado di luminosità. Al centro è il ferito che si contorce a causa delle sofferenze, sulla sinistra un probabile medico – ma forse anche un ciarlatano verso il quale la tela sarebbe una sorta di monito e denuncia –  sulla destra un’angelica fanciulla intenta a sedare con le proprie carezze il dolore dello sventurato giovane. Muovendo verso il margine superiore della tela ci si inoltra progressivamente in una zona di penombra, con predominanza di tinte scure e terrose; unico altro punto di aggregazione della luce risulta essere il volto maschile – forse un ritratto – che distoglie lo sguardo per non impressionarsi, testimonianza dell’irresistibile ironia di Traversi nell’approcciare il tema.