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Il dipinto si trovava in origine, insieme al Cristo e la Samaritana, nella chiesa domenicana del Corpus Domini, ma venne trasferito, a seguito della indemaniazione dei beni successivi alle soppressioni napoleoniche, al Depositorio di San Giovanni Evangelista nel 1832, dove venne indicata negli elenchi come opera di Bartolomeo Scaligero (come la indica Boschini). 

Vi è rappresentato l’episodio narrato dal Vangelo secondo Matteo (15, 21-28) dell’incontro tra Gesù e una donna cananea. La scritta latina in caratteri gotici (“Utique Domine nam et catelli edunt de micis/ que cadunt de mensa dominorum suoriìu” tradotte “É vero Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”), posta nel cartiglio al centro della scena, riporta le parole pronunciate dalla donna per vincere l’apparente resistenza di Gesù nel concederle la salvezza, in quanto rappresentante del popolo pagano, come chiarisce la scritta “TIRIS ET SIDON” posta sopra la porta della città da cui la donna proviene. L’episodio evidenzia la importanza della fede e l’universalismo della salvezza di cui può godere chiunque creda.  

L’attribuzione a Lazzaro Bastiani, proposta da Ludwig (1901) venne ripresa da Longhi (1934) e confermata dalla maggior parte della critica successiva. Rispetto alla datazione precoce alla fase giovanile del pittore, poco oltre la metà del secolo XV, indicata da Longhi, la critica tende a situare questo dipinto e il suo pendant verso la metà degli anni Settanta giudicandoli rappresentativi dello stile composito del pittore già nella fase matura: pur nella persistenza di tratti consueti al pittore, ravvisabili nelle eleganti silhouette delle figure, ritagliate sull’arcaico fondo dorato e definite con persistente linearismo, esse tradiscono un interesse per la cultura mantegnesca, che pur rimane molto esteriore, nella tendenza a rivestire le figure di abbondanti panneggi e a segnare le dolci fisionomie con tratti caricati così come nell’inserimento di rilievi classicheggianti nelle architetture del fondo.  Nell’impiego di tonalità spente, nettamente meno squillanti rispetto alle prove giovanili, la critica ha letto il tentativo del Bastiani di adattare la propria pittura al nuovo uso di luce e colore dei modelli belliniani.