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Boschini registra il dipinto nell’altare maggiore della chiesa di Santo Spirito alle Zattere dal quale venne rimosso nel 1701. La tela venne, dunque, collocata in una sala della contigua scuola omonima dove rimase fino al 1834, quando giunse all’Accademia. 

L’opera venne commissionata nel 1544 e terminata, probabilmente, nel 1545 come si può desumere dalla richiesta dei dirigenti della scuola di una cornice per la nuova pala. Tale data è peraltro ricordata dall’iscrizione che compare nell’alzata del secondo gradino della breve scalinata sulla quale è posta la Vergine, attorniata dagli apostoli e figure concitate. Tra questi sono stati riconosciuti alcuni ritratti: nel vecchio canuto all’estrema sinistra si sono individuate le fattezze di Andrea Zio, guardiano della Scuola che probabilmente commissionò la pala a Polidoro, accanto il vicario, all’estrema destra il prelato, forse il sacerdote officiante nella chiesa in quel momento. 

Il dipinto attribuito da Vasari a Bonifacio e dal Sansovino a Tiziano, è legata da Boschini e Zanetti alla mano del pittore da Lanciano il quale mostra però «modi bonifaceschi, elementi manieristichi nonché richiami a Tiziano» (Moschini Marconi, 1962). Probabilmente per Polidoro fu di ispirazione la prima redazione della Pentecoste che, stando alla testimonianza vasariana, Tiziano dipinse nel 1541 per la chiesa dello Spirito Santo in Isola, sostituita poi dalla versione oggi conservata alla Salute. 

Si tratta di un’opera capitale del pittore non solo perché unica opera datata ma anche in quanto rappresentativa di una tappa fondamentale della sua parabola creativa: è il momento di presa di consapevolezza del nuovo clima manieristico innestato a Venezia nella prima metà del decennio. Infatti, pur partendo da proposte tizianesche, l’opera rivela infatti elementi sensibili al codice manieristico, di matrice centro-italiana, introdotto a Venezia da Vasari , Francesco Salviati e Giusepep Porta.

 

Bibliografia

-  S. Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia di Venezia. I: Opere d’arte del secolo XVI, Roma 1962.

- V. Mancini, Polidoro da Lanciano, Lanciano 2001.