Firmata e datata al 1515, la pala, commissionata da Ettore Ottobon, era originariamente collocata in un altare marmoreo sul lato destro della chiesa di Sant’Antonio di Castello, oggi distrutta. Il soggetto, inedito prima di allora nell’arte italiana, narra la vicenda dei diecimila martiri: novemila soldati romani, inviati a combattere contro dei ribelli armeni sotto la guida del centurione Acazio, subiscono una grave sconfitta e soltanto grazie alla conversione al cristianesimo, avvenuta dopo l’apparizione di un angelo che li istruisce ai precetti della fede sul monte Ararat, raffigurato sullo sfondo, riescono a vincere il nemico. La notizia dell’accaduto giunge alle orecchie dell’imperatore che, con altri sei re pagani, riconoscibili negli uomini a cavallo in basso a destra, giunge sul posto per infliggere ai convertiti le medesime torture subite da Cristo durante la Passione. Grazie alla fede dimostrata dall’esercito di Acazio, altri mille soldati si uniscono a loro, meritando la stessa sorte. Il dipinto, che comprende i vari episodi della vicenda distribuendoli in profondità senza uno specifico focus compositivo, riprende l’impostazione dei cicli narrativi modulandola per il tipo della pala d’altare: il risultato, infatti, è sicuramente distante dalle serene produzioni di Giovanni Bellini. Carpaccio sceglie, inoltre, di riferirsi ad artisti di diversa tradizione figurativa quali Michelangelo e Dürer, il quale aveva interpretato lo stesso tema in una xilografia di fine Quattrocento e in un dipinto per Federico il Saggio del 1508 (Vienna, Kunsthistorisches Museum).
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