L’opera ha mantenuto per molto tempo un’attribuzione alla scuola bolognese del XVII secolo, sino a quanto è stata restituita a Tizianello da Sandra Moschini Marconi. Dopo il restauro del 1962 nello spazio tra i due personaggi è emersa, infatti, un’iscrizione a caratteri romani (“TITANUS/VECELLIUS/IUNIOR/F”) che ha tolto ogni dubbio circa una possibile attribuzione a Pietro Vecchia, a cui poteva stilisticamente esser ricondotta soprattutto sulla base della figura di sinistra.
La presenza di un giovane in armatura contrapposto ad un vecchio barbuto che tiene il teschio, simbolo della morte, fa pensare ad un’allegoria del tempo (Claut), o meglio dell’età e del destino dell’uomo (Moschini Marconi), tema a cui potrebbe alludere l’iscrizione d’intonazione moralistica sulla sinistra che, tuttavia, non risulta di facile interpretazione.
Si tratta della ripresa di una tematica di ispirazione giorgionesca, secondo un gusto che di lì a poco diventerà tipico di Pietro Vecchia.