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In occasione della mostra "Il giovane Tintoretto"

Le Gallerie dell’Accademia danno inizio ad una inedita collaborazione con La Settima Stanza , associazione e scuola di poesia che ha colto l’invito a partecipare attivamente al processo di progettazione culturale appena avviato. Il museo, infatti, tra i propri obiettivi mira ad instaurare relazioni con la città e i suoi protagonisti. Siamo convinti che per trasformare questo luogo della cultura in un’esperienza da vivere appassionatamente, dobbiamo creare l’opportunità per esplorare i mondi inattesi celati nelle opere che custodiamo. La poesia incontra così Il Miracolo dello schiavo di Tintoretto, occasione ideale attraverso la quale la libertà creativa dà vita a poesie uniche, personalissime e allo stesso tempo condivise.

L’Associazione La Settima Stanza, istituita nel 2003, si dedica al riconoscimento e alla valorizzazione di poetesse e narratrici contemporanee attraverso laboratori e seminari pubblici a cui partecipano le scrittrici invitate. Le protagoniste aggiungono, sul piano sia esperienziale che teorico, approfondimenti di più definita ispirazione filosofica e spirituale con al centro il pensiero femminile della differenza e le mistiche. La parola poetica è assunta quindi, oltre che come spazio di tregua e dono di bellezza, come condizione di pratiche di relazione e di “cura dell'anima”, nell'intento politico di contribuire alla trasformazione del mondo.

Tiziana Bertoldin

I

Sognare sembra sempre di te,

che sia una donna, una bocca,

capelli neri, o un abbraccio,

una casa, gli arrivi.

Sognare che tu ti vesta di prezioso tessuto

e sia glorioso, invincibile, splendido,

come non ammirarti?

Sognare le navi, la nave,

e l’isola, e tutti quelli che marciavano

assetati, e andavano nella tua musica.

Sognare di immagini

e parole, e condividere

che cosa?

La gloria effimera di un piacere,

sognante anch’esso,

nel più segreto cuore

di cui non si conosce

né la pena

né la gioia.

II

Magro e povero

come un viandante affamato

nei tuoi occhi si sciolgono

viaggi, ricordi, chimere,

fatiche, sapienze.

Tu dici la poesia

prigioniera nel tempo del filo spinato

così come il cuore assetato

si rinsecca, si piega, si trascina

con pesanti catene

e resta muto.

È la poesia speranza?

O fede?

È la poesia salvezza?

Da chi, da che?

Da chi tutto consuma

e costruisce, fabbrica, rovina, crolla,

sega e impietra, e seppellisce e spacca,

e imputridisce, nelle spiagge,

nelle folle, nelle plastiche, nelle rovine

fumanti di ciò che si accumula, inutile cosa.

III

Forse miracoli vi furono

Forse si scampò alla prigione,

per alcun tempo.

Ma essere liberi, sempre,

non schiavi,

di noi, e della colpa,

no, non è dato.

Parole, immagini,

come in un vuoto acquario

ci scambiamo

senza che alcun suono

si avverta.

Che la bellezza sia

dove si può, che sia la fede

a rinverdire quel cuore stretto

di lacci spinosi, di aguzze punte di tortura.

Che sia anche tu, libero,

senza conferme e senza inganni, che sia

io in cammino

a mostrare la via,

e tingere di luce

il passaggio tra noi

di parole, di cose,

ma vere,

ma di oggi, di domani,

di quel viaggio che sempre rincorriamo

di quella casa che si ricerca,

dove finalmente sicuri

potremmo essere

noi.

Fabia Ghenzovich

Il Miracolo

Uno schiavo nudo un'uomo

a terra vilipeso

di tutto privato tranne la fede

sopra di lui un santo

come un vento di rivelazione

il miracolo della piena luce!

               Di tutti

gli occhi abbagliati

per la prima volta vedono

un uomo e nella luce

dell'amore la  pura

estensione scaturita

dal pennello di J.Tintoretto.


Anna Lombardo

"Il Miracolo"

Cade a picco sulla scena improvviso

un Superman invisibile ai convenuti

 ̶  scioglie, spezza corde, bastoni, metalli

Perlaceo candore il corpo tuo

giace languidamente assente

allo scompiglio del risoluto affondo

a traiettorie di colori accesi

imperiose virate, a volti ottusi,

a sguardi concitati delle genti

Cosi le vibrate pennellate s’appendono

su questo teatro di mondo

muovendo in modo mai mosso prima

lo stupore remoto declinato

sul nostro inquieto presente

(Venezia, 28 Agosto 2018)


Linda Mavian

Un gesto di luce

la folla intorno
vi si riconoscono l'autore noi tutti
ci sono io ci sei tu
posti dal caso e dalla storia in libertà o schiavitù 
un'eterogenea umanità sbigottita
assiste fuori dalle mura
dove non c'è riparo alla tortura
nella periferia ferita della città cosmopolita
alla crudeltà la stessa che ancora ci circonda
la preghiera per fermare l'atto atroce
trova compimento in un gesto di luce
che non appartiene alla logica del mondo
che fuori dal tempo reale
inonda la scena nel profondo


Claudio Ongarato

Il Miracolo dello Schiavo

“Chiama, chiama la sorda tenebra

e la tenebra verrà”

Varlam Šalamov

nel povero teatro delle vanità

le fiere affamate

di castighi e perdoni

blandiscono il loro guardare

negli occhi chiusi

di chi non ha più difese

e la pelle bianca

abbandonata dalle certezze

i misteri celesti

capovolgono la realtà

piegano di ferri ma non i cuori

nudo

il convertito è già inghiottito

da un unico piano verticale

compiutamente estraneo

ad ogni orizzonte

eroi volanti

                 tutti

a loro modo

tentando di leggere

i segreti legami

tra le cose e i fenomeni

ma ancora manca

il saper nominare

in questo ininterrotto colloquio

tra il verbo e il suo senso

manca la misura cruda

che sappia chiudere

l’incerto sipario

sulla consapevolezza

di un’unica evoluta pietà

applausi

                 comunque

(ma le dita hanno cantato

 al suono dello scrocco

 che custodiva un’ombra

 segregava una soglia

e il suo varco


Claudia Zaggia

Racconto breve in cinque quadretti ristretti

I

C'era quella volta in quel Medioevo di gran meraviglie un monaco che scrisse molte storie di santi con miracoli vari. Raccontò anche la storia del servo del cavaliere di Provenza. Il servo, devoto a San Marco, voleva andare a venerare il corpo del santo, il padrone non voleva, il servo disobbedì. Il padrone cercò di punirlo senza riuscirci grazie naturalmente all'intervento di San Marco. Questa più o meno la storia. 

II

Dopo alcuni secoli, e il tempo non passa mai invano, Tintoretto per la Scuola Grande di San Marco dipinge una tela, dove c'è la storia di quel servo e l'efficace intervento di San Marco. Il telero presenta uomini in turbante, sembra di essere in quel mondo ottomano, delizia e tormento dell'ancora Serenissima città. Le bianche architetture però sono palladiane, infine allora dove siamo?

Quadro immaginifico di gran teatrale effetto, iniziò così la fortuna del pittore.

III

 Passa ancora il tempo e il liberatore Napoleone libera Venezia da se stessa, già che c'era vuole anche liberarla di molte opere d'arte, così il telero parte per Parigi in buonissima e numerosa compagnia.

IV

Passa questa volta non molto tempo, già finito l'impero del francese, il quadro ritorna in città, ma non in quella scuola Grande di San Marco, ridotta ad entrata di un ospedale. Il quadro finisce nel convento della Carità diventato l'Accademia, ed è tutto un trasformarsi di una cosa in un'altra, metamorfosi di una città che si dice non cambia e muta invece troppo e diventa una diversa cosa che non sempre si sa.

V

C'era quella volta e c'è ancora perché siamo davanti a un quadro che ormai ben conosciamo, e San Marco è lì assistente nell'aria che sempre si sta tuffando per salvare il suo devoto servo.

Jacopo da Varazze passa, dà un'occhiata, c'è anche Tintoretto, Giambellino perplesso, altra gente ancora e laggiù in fondo Napoleone imperatore piccolo e grasso, e qui ci siamo noi che guardiamo, molti altri dopo verranno.

Potrebbe allora andar bene così.

Antonella Bontae

Il Miracolo di San Marco

La folgore di San Marco

squarcia gli strumenti

“rotture de' ferri e de' legni”

quali misere nature morte

lo schiavo pellegrino devoto

in livido pallore illeso

illuminato da luce divina

la luce cupa del pergolato

sui due feroci aguzzini

la violenza senza volto

il carnefice frustrato

in tunica e turbante

al pagano di Provenza

mostra un martello spezzato

ondeggia la folla di stupore

rapita scruta il prodigio

turchi rabescati

soldati in cotta di cuoio

e in ferrea maglia

lo sguardo suo converge

sulla mano del Santo:

è un'apoteosi d'amore

troncare il supplizio, l'orrore,

il monito di un credo cristiano

non è vissuto invano

e il telero di Jacomo Tentor

diventa un bel tormento

per il grande Tiziano


Maria Vittoria Fonseca

La bellezza

San Marco scende dal cielo

con la sua aureola luminosa

e libera lo schiavo -

la tela del giovane Tintoretto

libera noi con la sua bellezza

da crucci e da pochezza

così il sole tuffandosi  ieri

in laguna dietro la Salute

incendiava il cielo

e ci donava luce

e libertà di pensiero.

San Marco scende dal cielo 

Laura Guadagnin

Spavento e tremore!
un lampo accecante
colpisce me a terra. Sono in agonia.

E Tu appari in volo potente e santo.
Vuoi sollevare me derelitto da questo martirio?
No! imploro... Il corpo resiste...

Io non mi salverò da solo, 
se il tuo gesto non si prolunga nei secoli
a sollevare dal giogo schiere di vivi e morti annegati

Intanto pellegrini assetati senz'anima
vagano come fantasmi per la città ammutolita
e non ti invocano,

non lo sanno più fare

E tu, profeta, non vedi come scolorano
le parole del Libro

e il leone alato sia solo pietra levigata

Dopo mille anni una tomba si è scoperchiata qui
fuori della basilica, come i tuoi poveri resti allora

sputati fuori dalla colonna andata in frantumi

Sollevati anche tu o santo,
ascolta come le ultime anime ti invocano: 
Risorgi e risorga la città tutta. E si rigenerino le sue sante acque.



Lucia Guidorizzi

Figure di luce

“Sui cavalletti contorcendosi mentre i tendini cedono,

cinghiati ad una ruota, non si spezzeranno”

Dylan Thomas da “ E la morte non avrà più dominio”

Il dominio della luce

Poggia sull’oscurità

Non c’è taglio

Che non sia arroventato

Da un raggio di sole

La ferita sanguina d’infinito

Dolore richiede presenza

Cicatrice si trasforma in reliquia

Quando si diviene inattaccabili?

Quando si molla la presa

E ci si affida al tumulto

Della notte

Quando alla preghiera

Si sostituisce l’eloquenza

Del silenzio

Come si diviene liberi?

Quando le catene si sciolgono dai polsi

Poiché più nulla ci tiene legati

Ogni schiavitù

Appartiene al prigioniero

Che riconosce nelle sbarre

E nei muri la sua dimora

Nessun potere può legare

Chi è sciolto assolto assoluto

Perfetto nella sua gloriosa

Imperfezione

Nessuna maledizione può scalfire

La limpida presenza

Di chi è nudo

Nessun agguato può derubare

Lo sguardo dal chiarore

Dell’alba che irrompe

Luminosa e gentile

Oltre ogni contrasto

BLU DI SMALTO

Blu sono i sentieri che portano alla luce

Blu le vie lontane dei morti

Blu le vesti fluttuanti nel vento

E nella foga dell’azione

Blu è questo cielo di smalto

AZZURRITE

Virano i colori nel tempo

Sfumano le intensità nei grigi

Imbrunano le tinte squillanti

Ciò che era azzurro si fa nero

Il grido acuto si smorza

Fino a diventare cenere

LACCA ROSSA

Lacca rossa è sangue di amanti

Fiamma emozionale che trascina

Impeto che divampa

E brucia la furia dei carnefici

Impotenti e confusi

Tra strumenti di tortura inservibili

Il sangue si rapprende e si secca

VERDERAME

Ossidazioni reazioni al mutamento

Cambiano le condizioni e vira il colore

Le tinte le azioni trascolorano

Rivelando tonalità emotive segrete

Il corpo calpestato e deriso

Diviene invulnerabile

Trasformandosi in figura di luce

E di trionfo


Grazia Sterlocchi

Per un attimo

accelera

senza scrupoli avanza

la vertigine del mondo

e colpisce

in questione ormai il senso

la direzione del vento

alt! anch'io alt, insieme

la scena sempre più aperta

mari e donne  allo scoperto

taci o tu per prima a

incupire le acque

mentre il salso delle onde

le scioglie i resti dell'assalto

e i giacinti stretti

in mano dalla partenza

grata a chi

si avvicina al corpo che vacilla e

sobbalza

come davanti alla prima crocifissione

tacciono i clamori le torsioni

i corvi già pronti

fuori dalla calca,di sbieco

nella concitata tela

una relazione imprevista:

identica la distanza

dal corpo della vittima tra

la mano carezzevole

del santo e gli occhi

della figura in disparte

appena sporge

legami muti

di compassione

fulgido intervento e sostegno

che bisogno!

persino questa furia

per un attimo rallenta

si intravede il cielo

luna e Venere fedeli

sempre alla stessa rotta