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La tela fa parte del ciclo di storie dei miracoli della reliquia della Santa Croce commissionato dai confratelli della Scuola di San Giovanni Evangelista attorno al 1505-1510 circa a un’équipe di diversi artisti tra loro indipendenti: Lazzaro Bastiani, Gentile Bellini, Giovanni Mansueti, Vittore Carpaccio e Benedetto Diana. L’episodio raffigurato da quest’ultimo ricorda la guarigione miracolosa del figlio di “ser Alvise Finetti scrivan alla Camera degli imprestidi” avvenuta il 10 marzo 1480 grazie al frammento della croce di Cristo custodito dalla Scuola. Ai piedi della scala un piccolo gruppo di persone si raccoglie attorno ad una donna inginocchiata che tiene fra le braccia il bambino, ancora in fin di vita. L’architettura ricorda il cortile interno di un palazzo veneziano, dominato dall’imponente scala di accesso che collega i piani superiori, aperti da loggiati ad arcate, allo spazio aperto al pianterreno. La precisa definizione degli ambienti, costruiti rispettando rigorosamente le regole prospettiche, permette di individuare il punto di fuga sull’asse verticale centrale, espediente che conferisce solidità strutturale al dipinto e che smentirebbe le ipotesi di riduzione del formato originale, avanzate da alcuni critici. La scelta da parte dell’importante Scuola di rivolgersi a un pittore oggi considerato minore rispetto ai grandi nomi degli altri artisti coinvolti è giustificata dalla notorietà di cui Benedetto Diana godeva al suo tempo, di cui oggi si trova traccia nelle numerose testimonianze antiche, quali Vasari, Ridolfi e Boschini.