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Il dipinto, proveniente dal convento dei Santi Giovanni e Paolo, per il cui refettorio Francesco Ruschi aveva dipinto un Sacrificio di Abramo e una Caduta della manna (non conservati), veniva attribuito all’artista già negli elenchi demaniali che ne registrano gli spostamenti dalle soppressioni napoleoniche fino alla consegna al museo, avvenuta nel 1865. L’attribuzione al pittore di supposte origini romane, a Venezia almeno dal 1629, ha trovato poi conferma nella critica novecentesca, a partire dallo studio del direttore delle Gallerie Vittorio Moschini nel 1933. 

La mezza figura di Sant’Orsola, il capo coronato di fiori, regge nella mano sinistra una freccia, strumento del proprio martirio, ed è parzialmente avvolta da un drappo bianco, probabilmente una porzione del vessillo con croce rossa, ulteriore attributo iconografico che ne permette l’identificazione. Proprio questo particolare taglio compositivo ha indotto ad ipotizzare che si possa trattare di un frammento di una composizione più ampia, forse anche una pala d’altare non altrimenti nota. 

La Santa volge lo sguardo verso l’alto, in analogia con la diagonale disegnata dalla candida bandiera e con l’ombra proiettata sulla monumentale colonna scanalata dello sfondo. Quest’ultima è un elemento fra i più comuni del lessico del pittore, uno dei primi artisti del Seicento veneto impegnati a riattualizzare l’eredità di Paolo Veronese. Del grande maestro del Cinquecento Ruschi reinterpreta e ripropone gli schemi compositivi nelle pale d’altare, l’arditezza degli scorci dal sotto in su, adottando pure la scelta di una tavolozza cromatica schiarita.

Il recente restauro del dipinto ha restituito ai colori la loro fredda intonazione, esaltando lo stacco del drappo rosso sulla veste blu e il cangiantismo del velo in cui affonda la mano destra della Santa. Le pieghe geometrizzanti e affastellate delle vesti, addensate nella parte inferiore del dipinto, cifra stilistica di Francesco Ruschi, insieme alla ricercatezza del colore concorrono a caratterizzare l’immagine in senso decorativo tanto che le composizioni dell’artista sono state anche interpretate come delle grandi nature morte ben orchestrate composte da figure umane.