La tela faceva parte di un ciclo – forse di quattordici tele – ispirato alle illustrazioni, su disegni di Giambattista Piazzetta, che corredavano l’edizione della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso pubblicata a Venezia per i tipi di Giambattista Albrizzi (1745). Non è chiara la collocazione originaria del ciclo o l’epoca in cui esso fu smembrato per la prima volta. Le notizie di cui siamo a disposizione datano a partire dal terzo decennio del XIX secolo quando, insieme ad altre tele della serie, l’Erminia e Vafrino venne acquistata dal conte di Bantry per la sua residenza irlandese nella contea di Cork. Più di cento anni dopo, nel 1956, sei tele del gruppo, tra cui l’Erminia e Vafrino passarono sul mercato antiquario irlandese con attribuzione a Gianantonio Pellegrini per poi essere riconosciute come opera di Francesco Guardi, il più noto dei fratelli pittori, dallo studioso e mercante David Carritt. Vendute al collezionista londinese Geoffrey Merton, esse furono rivendute e quindi disperse per finire in musei di tutto il mondo e in prestigiose collezioni private. La tela oggi alle Gallerie dell’Accademia rimase con ogni probabilità in Inghilterra per poi passare nella collezione privata di Rodolfo Siviero, celebre funzionario dello Stato protagonista di tanti recuperi di opere d’arte illegalmente uscite dall’Italia. Alla morte di Siviero, nel 1984, l’opera fu assegnata, dopo lungo contenzioso, al museo veneziano che, in questo modo, entrava in possesso del suo unico dipinto di Gianantonio Guardi – tra i massimi protagonisti della pittura a Venezia nel Settecento, la cui figura è stata risarcita dalla critica novecentesca – aggiungendo un tassello fondamentale per un percorso espositivo che ambisce a rappresentare l’evoluzione dello straordinario linguaggio artistico lagunare tra Trecento e Ottocento.
L’episodio qui raffigurato è tratto dal canto XIX del poema di Tasso: Erminia, accompagnata dal fedele Vafrino, scopre l’amato Tancredi ferito dopo il duello con Argante, il cui corpo esanime giace sulla sinistra. Sembra di poter ascoltare lo spasimo con il quale l’eroina smonta da cavallo alla vista del suo amato ferito: “Al nome di Tancredi ella veloce/Accorse in guida d’ebra e forsennata./ Vista la faccia scolorita e bella,/ Non scese no, precipitò di sella!”. Il cromatismo brillante e acceso, le pennellate veloci e sicure, creano la suggestione di una superficie mossa, di inimitabile freschezza, ora finalmente apprezzabile dopo l’accurato restauro. La dimensione compositiva, volta a privilegiare il momento affettivo e drammatico dell’episodio, riprende fedelmente il disegno di Piazzetta, conservato presso la Biblioteca Reale di Torino, e la relativa acquaforte.
Nei vari passaggi di proprietà l’opera ha subito vicissitudini conservative complesse e alcuni importanti restauri, uno della fine degli anni ’50, a Londra ed un altro nel 1970 ad opera di Herbert Lank, poi direttore dell’Hemilton Kerr Institute. Quest’ultimo intervento, all’avanguardia per i tempi, giunse in seguito ad un non meglio precisato evento traumatico: sembra infatti che l’opera avesse subito gravissimi danni per un’esposizione prolungata all’acqua, in seguito alla quale la superficie pittorica appariva completamente sbiancata.
Il supporto dell’opera presenta una foderatura a cera resina, materiale in uso nei paesi nordici e anglosassoni; la superficie pittorica prima dell’ultimo intervento risultava offuscata da strati di vernici alterate e numerosi ritocchi debordanti, ben visibili alla luce UV. L’osservazione a luce radente ha permesso inoltre di mettere in evidenza diversi strappi della tela originale, celati tramite stuccature e ritocchi materici.
Nel corso del restauro una delicata pulitura ha permesso di rimuovere vecchie vernici, ritocchi e stuccature debordanti, senza intaccare la pellicola pittorica, resa molto sensibile ai solventi dai precedenti interventi. Il sapiente intervento di integrazione pittorica ha permesso poi di apprezzare la freschezza e il dinamismo della composizione di Guardi.
Grazie alle indagini diagnostiche effettuate dal laboratorio scientifico della Misericordia è stato possibile avere informazioni sulla tecnica esecutiva: la campagna diagnostica è stata condotta con l’ausilio di una strumentazione portatile XRF di ultima generazione; la mappatura delle analisi XRF ha consentito di ottenere alcune informazioni utili all’individuazione dei pigmenti utilizzati dall’autore nella sua tavolozza.