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L'opera fa parte di un ciclo decorativo sulla Redenzione originariamente nella chiesa di San Nicolò della Lattuga, realizzato da Paolo Veronese e dalla sua bottega alla fine degli anni Settanta del XVI secolo. Benedetto Caliari realizzò tre dipinti la Flagellazione (andata perduta), il Cristo davanti a Pilato, oggi nelle collezioni del museo, e l’Ultima Cena e la Lavanda dei piedi, una delle opere più celebri e conosciute del pittore. Nonostante il Ridolfi l'attribuisse a Paolo Veronese, le evidenze stilistiche e documentarie non lasciano dubbi sulla paternità di Benedetto, anche se parte della critica ha ipotizzato la partecipazione del capo bottega con minimi interventi.

In un ambiente angusto e ristretto, ma ampliato grazie alla presenza di scorci di paesaggio visibili dalle finestre nel fondo, Benedetto inserisce due episodi evangelici che si susseguono temporalmente, la cui distinzione è resa visivamente sia dal cambio di prospettiva – l'Ultima Cena presentata frontalmente e la Lavanda lateralmente - sia dalla presenza dello scalino sulla sinistra, che allontana spazialmente i due gruppi.

Secondo le ultime ricostruzioni, il dipinto era posizionato sulla parete sinistra del presbiterio imposta la composizione in maniera asimmetrica, disponendo i gruppi figurali lungo una diagonale che parte dall'angolo sinistro nello sfondo e raggiunge il primo piano sulla destra , quasi sottolineare la visione obliqua del fedele che contemplava il quadro dalla navata centrale della chiesa.

Nell’Ultima Cena, sebbene Gesù sia colto nell'atto preciso della benedizione del pane, gli apostoli sono rappresentati intenti a discutere della rivelazione di Cristo avvenuta pochi istanti prima, circa l’imminente tradimento. Infatti, le loro pose retoriche e le loro espressioni esprimono lo sgomento destato dalla notizia, mentre Giuda – che dà le spalle in primo piano – nasconde il sacco pieno di monete. Fra di loro, la figura anziana e barbuta di san Pietro, seduto alla sinistra di Gesù, potrebbe forse essere un criptoritratto ossia di frate Pierino Michieli, priore della chiesa di San Nicolò all'epoca della sua decorazione.