La tela, attribuita a Bernardo strozzi dell’Arslan che riferiva al primo periodo veneziano dell’artista, è stata confermata dalla critica successiva al soggiorno lagunare dell’artista anche se generalmente ritardata di datazione al 1640 circa o agli inizi degli anni quaranta (Nepi Sciré, Valcanover).
Vi è ritratto san Girolamo a mezzo busto, inquadrato secondo un’angolazione obliqua, con il crocifisso nella mano destra, intento a leggere la Vulgata su cui è chino. Il tema è stato trattato in altre occasioni dall’artista, come dimostrano sia la tela di collezione Egidio Martini (Venezia), considerata di maggiore maturità ed anche di migliore qualità rispetto all’opera in esame, che quella di Palazzo Pitti (Firenze), giudicata meno fine (Mortari 1995). Per quanto ben riuscita sia l’invenzione della testa impietosamente indagata dalla luce e stagliata contro il fondale cupo su cui si accende la nota rossa del manto, non si può non condividere il parere della Mortari che, a proposito di questa tela, non mancava di notare, acconto a ricerche luministiche quasi rembrandtiane, un ridotto vigore espressivo.
Esistono due studi di Strozzi per “San Girolamo” (Mortari, 1995; Perissa Torrini): un foglio conservato al Paul Getty Museum di Malibu ed un altro disegno a penna battuto all’asta a Londra (vendita Sotheby’s del 1 luglio 1971), che, secondo Perissa, risulta affine al dipinto in esame per la posizione inclinata della testa, l’espressione corrugata ed il trattamento dei riccioli e della folta barba.