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La grande tela raffigurante Santa Caterina si rifiuta di adorare gli idoli faceva parte, insieme al suo pendant con il Matrimonio mistico (attualmente ricoverato nei depositi del museo), della decorazione della navata sinistra dell’omonima chiesa Venezia (e prima ancora forse del convento attiguo), dove era anche la pala di Mazzoni raffigurante l’Annunciazione, anch’essa alle Gallerie dell’Accademia. Nel 1807 i locali del convento furono destinati a diventare sede del Convitto nazionale e le opere divennero proprietà demaniale. La collocazione all’interno di un soffitto ne giustifica l’accentuato sottinsu, ovvero il fortissimo scorcio con cui sono rappresentati i personaggi e le architetture visibili nella parte alta sullo sfondo, che imitavano ipoteticamente lo sfondato prospettico architettonico dell’edificio. Rispetto all’Annunciazione, le tele mostrano caratteri stilistici ancor più accentuati in direzione del dissolvimento delle figure e, dal punto di vista esecutivo, una pennellata ancora più libera e fluida. Mazzoni risolve la composizione orizzontale intervenendo direttamente sulla tela, come mostrano i molti pentimenti visibili a uno sguardo ravvicinato. Rispetto alle prime opere veneziane, il pittore tende alla riduzione programmatica della tavolozza con frenetiche pennellate che descrivono i riflessi luministici e contribuiscono a descrivere lo stato di concitata tensione all’interno delle due scene. Tali caratteristiche stilistiche hanno indotto la critica a datare queste due tele agli ultimi anni di vita di Mazzoni (1665-1668), in contemporanea con il suo ultimo capolavoro, il Sogno di Onorio III in Santa Maria del Carmine a Venezia.