Proveniente dalla Procuratoria de Supra, il ritratto, come indicava la scritta rimossa nel restauro del 1959, raffigura il procuratore Andrea Cappello. La scritta, inoltre, recava anche la data 1523, anno in cui Cappello fu eletto procuratore; tuttavia, la datazione della tela è piuttosto incerta e visto che l’effigiato appare essere in età piuttosto avanzata, è da ritenere che l’esecuzione dell’opera sia da collocarsi a ridosso della morte del Cappello, avvenuta nel 1562. Storicamente attribuito a Tiziano, il quadro fu restituito al catalogo del Tintoretto solo nell’Ottocento, anche se l’impronta dell’artista cadorino è ben evidente. La resa psicologica del personaggio è infatti di altissima qualità: il procuratore sembra sgusciare dall’ombra ed osservare con sguardo duro ed inquisitorio lo spettatore e la fermezza del Cappello viene ulteriormente sottolineata dalla mano chiusa a stringere un fazzoletto bianco che spunta da sotto il robone cermesi. La modellazione pittorica, ferma e robustamente innervata, inoltre, contribuisce ad evitare ogni pausa o sottolineatura esornativa e ad enfatizzare l’energico volto del procuratore. Lo stato conservativo del dipinto non è ottimo e la pellicola pittorica risulta piuttosto slavata, fattori questi che rendono difficile una piena osservazione della fresca pennellata tipica del Tintoretto di questi anni.
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