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Definita da Pietro Edwards, restauratore dei dipinti di Venezia tra Settecento e Ottocento, «divina Pittura», il quadro è databile al 1556, tre anni dopo la morte dell’artista, avvenuta nel 1553. Collocata nella camera del Monte di Sussidio – magistratura atta alla gestione del prestito pubblico – l’opera, dunque, è da indentificare come lavoro di uno dei collaboratori di Bonifacio i quali, tuttavia, oltre a non essere molto noti, condividevano tra loro uno stile piuttosto uniforme e fortemente dipendente dai modi del maestro, fatto questo che non rende semplice individuare la mano dell’artefice di quest’opera; tuttavia la critica, nonostante la questione sia ancora aperta, tende ad attribuire il dipinto ad Antonio Palma, il quale si formò nella bottega di Bonifacio ma di cui si conservano solo poche opere autografe. La scena raffigurata si riferisce al momento in cui la Regina di Saba, giunta a Gerusalemme per conoscere il saggio re Salomone, arriva a palazzo – qui raffigurato come un portico affacciato sul Palazzo dei Camerlenghi e, probabilmente, su quello dei X Savi a Rialto – e si prostra dinanzi al sovrano porgendogli dei doni. Questi, però, con un gesto la invita a non inginocchiarsi, creando quindi un momento di stasi, di incertezza nella narrazione pittorica. La raffigurazione della Visita della Regina di Saba al re Salomone, di fatto, è una scena che ben si lega al luogo ove era conservata, il Monte di Sussidi appunto; la regina di Saba è qui identificabile con i veneziani i quali, donando o impegnando i loro beni alla Repubblica, impersonata da Salomone, facevano un gesto di pubblica utilità, quasi eroico, nel bene dello Stato e dunque di tutti i cittadini. Il quadro, in condizioni conservative non molto buone, con diffuse lacune e forti crettature, è di alta qualità: i colori, dai toni piuttosto metallici, sono brillanti e la composizione risulta molto fluida e ben equilibrata, con una forte tendenza al decorativismo e una spiccata attenzione al particolare, in anticipo di poco rispetto agli esiti dell’arte di Paolo Veronese.