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L’opera è stata attributi a Jacopo Bassano nei primi cataloghi del museo, sino al 1931, quando è stata ricondotta alla bottega (Arslan). La discreta qualità del dipinto ha portato Sandra Moschini Marconi ad ipotizzare la mano di Francesco, specie negli elementi botanici e animali posti in primo piano.

Si tratta di una scena pastorale abitata da un gregge di pecore accompagnate al pascolo da un pastore che si ripara all’ombra di un grande albero. Sulla sinistra, su un’altura posta ai margini di un sentiero abitato da capanne, è rappresentata la scena del Rovereto ardente con l’apparizione di Dio a Mosè. Emerge un nuovo modo, piano e pacato, di raccontare il tema biblico, che riveste un ruolo marginale nella figurazione, relegato com’è in un piano arretrato della composizione.

Centrale diviene invece l’osservazione del dato naturale: la luce crepuscolare dilaga dalla profondità verso il primo piano avvolge le dolci forme del paesaggio intridendole di colore, mentre uno sguardo ravvicinato mette a fuoco le epidermidi del gregge animandole con una pittura di tocco.

Il dipinto, databile alla fine del XVI secolo, fa parte di una serie di opere di gusto agreste, raffiguranti “Paesaggio con animali”, “Paesaggio con pastori” e “Paesaggio con animali da cortile” (tutte alle Gallerie dell’Accademia di Venezia), a cui è stato proposto da Mariacher di associare anche la “Scena pastorale” conservata al Museo Correr di Venezia (Mariacher, 1957).

Il formato allungato della tela lascia supporre che si trattasse in origine di una sovrapporta.